La violenza dei movimenti sociali non è uguale per tutti. Il settore agricolo francese e le manifestazioni #Appunti

Francesca Barca
6 min readFeb 2, 2024

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Belleville, gennio 2023

Gli agricoltori francesi sono in piazza, in strada, in autostrada, di fronte alle prefetture. I media parlano di “collera degli agricoltori”, collera e rabbia che prendono forme numerose di grande impatto mediatico (e pratico).

Di cosa parliamo?

Di blocchi delle autostrade con i trattori, della minaccia di blocco della capitale per lunedì 29 gennaio, di manifestazioni; pneumatici incendiati di fronte ad una prefettura, di fronte ad una polizia impassibile.

Dell’esplosione di un’edificio a Carcassonne, rivendicata dal Comité d’action viticole.

Di versamenti di fieno o di letame davanti alle prefetture; sempre fieno e letame in un McDonald, non perché rappresenta il “capitale”, ma perché i lavoratori hanno rifiutato di offrire il caffè ai manifestanti.

Di un cinghiale sventrato è stato appeso ad un albero di fronte all’Ispettorato del lavoro ad Agen, comune del Sudovest della Francia.

Si tratta di mobilitazioni importanti che toccano un settore che non solo è diverso per tipo e modi di produzione, ma anche per le visioni del mondo, gli orientamenti politici, il livello di reddito e il gruppo sociale. Queste azioni sono presentate come fatte dagli “agricoltori” ma nel caso della maggior parte delle lista di cui sopra, si tratta di una parte solamente di coloro che aderiscono alle proteste.

La prima nota è che viene presentato come un blocco unico. E unico non è.

La seconda è che riapre una riflessione collettiva sull’uso della violenza da parte della polizia, dei manifestanti e sulla gestione delle piazze.

Ad oggi (domenica 28 gennaio 2023) già due persone sono morte. Spiace a tutti ma non pare uno “scandalo” a nessuno.

«Non si può impedire questa manifestazione di rivendicazioni che, al di là [della morte di due persone], sta andando bene» dice la portavoce del Governo francese, Prisca Thévenot, lo scorso 27 gennaio. Secondo le dichiarazioni di Thévenot tutto va bene dal punto di vista della sicurezza perché «perché le manifestazioni sono organizzate in un quadro legale».

Le citazioni vengono da Libération, che ricorda anche che ci sono stati esempi di convogli di manifestanti scortati dai gendarmi, e un caso nel quale la polizia gestisce il traffico in controsenso per permettere a un convoglio di agricoltori di riversare del letame di fronte ad una Prefettura di (video di Clement Lanot).

La dichiarazione che fa più discutere è quella del Ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, che il 25 gennaio ha dichiarato su TF1: «Gli agricoltori lavorano e quando vogliono manifestare le loro richieste, il governo li ascolta. Non si risponde alla sofferenza inviando il CRS, voilà».

«Ho fatto sapere ai prefetti che se vengono attaccati edifici pubblici, gendarmi, poliziotti o agenti pubblici, ovviamente interverremo» , aggiungendo che c’è «molta compassione per i nostri agricoltori».

Repressione dei movimenti sociali

Grazie a un dibattito che si aperto sulle violenze della polizia francese rispetto ai movimenti sociali la differenza di trattamento — che non è affatto nuova — oggi è evidente.

Basta ricordare i fatti più recenti: repressione del movimento ecologista, manifestazioni contro la riforma delle pensioni, movimenti di rivolta nelle banlieues francesi, la repressione contro i Gilets Jaunes.

In tutti questi casi si parla di feriti (anche gravi), in scontri dove la polizia non ha esitato (dietro ordini governativi) ad attaccare e reprimere. Per gli ecologisti si parla immediatamente di “écoterrorisme”, “agroterrorisme” non è mai stato usato da parte delle istituzioni.

(E, aggiungo, la continua violenza contro i campi di fortuna di immigrati (a Parigi, in banlieue parigina, oppure a Calais) che vengono letteralmente distrutti. La risposta alla “sofferenza”).

Darmanin riconosce gli agricoltori come “persone che lavorano” e le cui richieste vanno ascoltate. Stessa cosa fanno e facevano i Gilets Jaunes — persone che lavorano e che soffrono — stessa cosa facevano le persone che hanno manifestato per mesi per opporsi alla riforma della pensioni.

Eppure.

«Dalla Seconda guerra mondiale, i poteri pubblici hanno tollerato dagli agricoltori ciò che non avrebbero tollerato da altre categorie sociali» dice a Libération lo storico Edouard Lynch, esperto di studi rurali. Inoltre, non tutti i contadini sono uguali: «Anche all’interno dei movimenti contadini, lo Stato prende di mira i gruppi minoritari, come dimostra la repressione delle manifestazioni contro i bacini a Sainte-Soline», continua Lynch.

La Confédération paysanne, sindacato agricolo presente nelle manifestazioni di oggi, era anche a Sainte-Soline (ultimo esempio di repressione estremamente violenta di un movimento ecologista/agricolo, legato all’opposizione ai cosiddetti “mega-bassins”). Diversi commentatori e politici hanno fatto notare al governo il diverso trattamento.

Su Arrêt sur Image sempre Lynch aggiunge: « Si vede oggi (di fronte a queste manifestazioni, ndr) come le violenze alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni sono il risultato della strategie delle forze dell’ordine. (…) La violenza dei movimenti sociali è provocata dalla gestione del mantenimento dell’ordine: si decide di andare verso lo scontro per stigmatizzare l’avversario».

Dietro c’è una sorta di mitologia nazionale del “buon agricoltore che nutre la nazione”: «La percezione del personaggio sociale dell’agricoltore è all’opposto di di quella dell’émeutier», spiega Fabien Jobard, direttore di ricerca al CNRS e studioso specializzato nelle Forze dell’ordine.

«I conflitti legati al lavoro sostenuti e portate dai dipendenti o addirittura dai ‘padroni’ sono considerate legittime, quasi valorizzate; le rivendicazioni di gruppi visti come esterni, marginali alla macchina produttiva, come i disoccupati, i sans-papiers o i Gilets Jaunes , non godono della stessa considerazione da parte delle autorità pubbliche», racconta Jobard a Libération. Per non parlare dell’abitudine a negoziare con le forze dell’ordine, ben radicata nelle pratiche degli agricoltori organizzati. Lo stato tollera perché sa che la FNSEA manterrà i ranghi.

FNSEA, Jeunes Agriculteurs, Confédération paysanne, Coordination rurale

Chi sono gli attori in campo? Come viene gestito e da chi il dibattito su una questione che è sociale, economica ed ecologica?

La FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles) è quello che viene definito il “sindacato maggioritario degli agricoltori francesi”. In effetti si tratta di un attore enorme. Maggioritario cosa significa? Maggioritario (oltre il 55 per cento) alle elezioni della chambres d’agriculture, che rappresenta poi le istanze del settore (ne rappresenta 84 su 89). Significa anche che fa parte di diverse istanze governative, locali, provinciali. Significa che spesso è il solo (o quasi) interlocutore ricevuto dal Governo. La FNSEA dichiara, sul suo sito, 212mila aderenti.

Il suo presidente, presentato spesso solo come “presidente della FNSEA”, è Arnaud Rousseau. Che è anche un oligarca dell’agroindustriale: Mediapart ha pubblicato un articolo che fa il punto sulla sua situazione a marzo del 2023, prima della sua elezione alla FNSEA (dove era per altro unico candidato). Cito Mediapart: «Arnaud Rousseau non è un semplice agricoltore. È il capo di un gigante dell’economia francese: Avril-Sofiprotéol, il colosso dei cosiddetti semi oleosi e delle colture proteiche (colza, girasole, soia e proteine vegetali come erba medica, fave, piselli, ecc.), fondato dal sindacato di categoria. È niente meno che il 4° gruppo agroalimentare francese» . In più Rousseau è anche sindaco del comune dove vive (Trocy-en-Multien) e l’azienda che possiede direttamente, per dare una misura, ha un’estensione di 700 ettari, su una media, di chi lavora nello stesso tipo di settore, di 96.

Jeunes Agriculteurs

Il CNJA — Centre national des jeunes agriculteurs, o Jeunes Agriculteurs è vicino alla FNSEA e dichiara 50mila aderenti. Rapprenta gli agricoltori di meno di 38 anni.

Coordination rurale

Insieme alla Confédération paysanne è il secondo sindacato degli agricoltori francesi (20 per cento alle elezioni della chambres d’agriculture. La Coordinatio rurale è politicamente a destra e nasce da una scissione della FNSEA.

La Confédération paysanne

Per questo sindacato che si schiera decisamente a sinistra e che fa parte delle mobilitazioni, la situazione è diversa: accusano Attal, il nuovo Primo Ministro Francese, di “andare incontro alle domande produttivista e a breve termine della FNSEA” e chiedono uscire dal “paradigma del libero-scambio”. La Confédération parla di “sovranità alimentaire” ma non nella maniera in cui viene usata, per esempio, da un gigante del peso di Arnaud Rousseau.

La Confédération è membro fondatore della coordination paysanne européenne, di Via Campesina e di Attac.

Gli agricoltori (dati Insee del 2020) rappresentano circa 1,5 degli impieghi in Francia. Erano il 7 per cento nel 1982. Si tratta di un settore (persone, lavoratori e lavotrici) in grande sofferenza: girano dati di fonti diverse sull’elevata mortalità per suicidio degli agricoltori (più alta rispetto al resto della popolazione). non tutti i dati sono coerenti ma è una realtà. Nel 2021 è stato pubblicato un rapporto senatoriale sulle cause del suicidio tra gli agricoltori.

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