Il femminicidio di Hélène Rytmann-Legotien

Francesca Barca
7 min readJan 2, 2024

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Hélène Rytmann-Legotien (foto per la quale non ho trovato licenza)

Articolo pubblicato su Voxeurop

Hélène Rytmann è morta, strangolata dal marito, il filosofo Louis Althusser nel loro appartamento di funzione all’Ecole normale supérieure di Parigi, istituzione della quale Althusser era segretario. Erano le 7:55 di mattina, il 16 novembre 1980.

Althusser, che soffriva di depressione da mesi, e che aveva dal 1947 una diagnosi che lo definiva maniaco-depressivo, si accuso’ immediatamente del crimine e venne internato all’ospedale Sainte-Anne.

L’omicidio è stato ampiamente raccontato dai media — Althusser era già una personaggio, una personalità e un’autorità — che, nel farlo, non hanno mai fatto mancato di aggiungere un ritratto del “maestro” per dare un contesto a questo omicidio. Il caso viene archiviato nel febbraio 1981: Althusser viene dichiarato irresponsabile ai sensi dell’articolo 64 del Codice Penale. Nel 1983, dopo essere stato ricoverato in ospedale, si trasferisce in un appartamento nel Ventesimo arrondissement di Parigi, acquistato da Hélène per la pensione.

Althusser è morto nel 1990 per un attacco di cuore; gli furono tributati ampi omaggi per il suo contributo alla cultura. Ci sono voluti 40 anni perché (anche) questo omicidio venisse definito un femminicidio.

Per anni Hélène Rytmann era la “sposa di”, la “moglie di” la “stragolata alla rue d’Ulm”. Il suo nome, se appariva, era in fondo agli articoli, racconta Libération. Nel 1985 una giornalista de Le Monde, Claude Sarraute, parlando di un altro assassino, il giapponese Issei Sagawa (altra vicenda giudiziaria abbastanza incredibile) scrive: «Noi nei media, non appena vediamo un nome prestigioso coinvolto in un processo succoso, Althusser, […] ne facciamo un gran parlare. La vittima? Non merita tre righe. La star è il colpevole».

Il politologo Francis Dupuis-Déri, canadese ed esperto di movimenti sociali, antifemminismo e questione maschile, si interessa alla questione.

Ne scrivo in occasione della recente pubblicazione (settembre 2023) del suo Althusser assassin per le edizioni Remue-Ménage. Il testo, scrive Libération, racconta «la compiacenza dell’epoca nei confronti dell’assassino e il disprezzo nei confronti di Hélène».

(E anche perché) In occasione dell’uscita del libro Libération ha pubblicato inchiesta sui giorni precedenti alla morte di Hélène Rytmann che purtroppo, è la storia di tante altre donne uccise dal partner. Lei voleva lasciarlo, lui era violento e abusivo. Lui la uccide.

L’inchiesta di Libération

Il pezzo di Libération, scritto da Johanna Luyssen racconta gli ultimi mesi di vita di Hélène Legotien attraverso la voce di una persona, Jo Ros, che nel 1980, pochi mesi prima della morte, ha lavorato con lei a Port-de-Bouc, cittadina a tradizione comunista del Sud della Francia, su un progetto di valorizzazione della memoria operaia locale.

Hélène Rytmann entra nel suo ufficio nel febbraio del 1980 per chiedere di lavorare come volontaria — è in pensione all’epoca — al progetto. Si presenta come Hélène Legotien. Solo mesi dopo racconterà di essere la moglie di Althusser, chiedendo comunque di mantenere il segreto. Hélène Legotien ha 70 anni all’epoca. E ha la voglia e l’energia di arrivare in un posto perché ha sentito parlare alla radio del progetto e vuole partecipare. Interviste, ricerche e dibattiti, questo fanno insieme.

Jo Ros racconta che le settimane precedenti alla partenza di Hélène Legotien le chiamate di Althusser erano frequenti. Lei voleva lasciarlo, le persone intorno a lei dicono che Hélène Legotien aveva paura, che parlava di Althusser come di una persona violenta e malata.

Il 15 novembre riparte per Parigi, lasciando il lavoro di ricerca che aveva iniziato. Il giorno successivo è morta. «Era la cronaca di una morte annunciata, ma che non avevo previsto», racconta commosso a Libération Jo Ros.

La biografia di Althusser

A lungo la parola, le parole, su questi eventi, sono state quelle dell’omicida: sarà proprio Louis Althusser nella sua autobiografia, l’Avenir dure longtemp, a raccontare (anche) l’omicidio di Hélène: pubblicato postumo, ha inizialmente venduto 35mila copie ed è stato tradotto in una dozzina di lingue.

Il libro fu presentato «sui giornali come un “testo sincero” che “va letto”, contenente “più verità che altrove” (…) salutato dagli intellettuali come un “capolavoro della letteratura autobiografica”» (citazioni da Dupuis-Déri, studio di Marc Chabot).

Dupuis-Déri legge l’Avenir dure longtemp, che definisce «ripugnate da un punto di vista politico e nauseante da un punto di vista psicologico, poiché l’assassino viene presentato come una vittima».

Nel 2015 pubblica un saggio su come questo caso è stato trattato dai media — La banalité du mâle. Louis Althusser a tué sa conjointe, Hélène Rytmann-Legotien, qui voulait le quitterdal titolo molto chiaro: il gioco di parole in francese è riuscitissimo — e spesso usato dalle femministe — tra maschio (mâle) e male (mal). La banalità del maschio e del maschio.

Nel saggio del 2015 Dupuis-Déri ripercorre da un lato la vita di Hélène Rytmann, che decide di chiamare “Hélène Rytmann-Legotien” o “Hélène Legotien” — “Legotien” è il nome che Hélène Rytmann ha usato negli anni di resistente — e dall’altro riporta il dibattito, le discussioni e le analisi delle studiose femministe che hanno lavorato su questo omicidio e sul trattamento mediatico.

In Francia il recente Althusser assassin è stato accolto con un certo silenzio. Nonostante parli di un nume della cultura nazionale; nonostante la questione delle violenze di genere sia diventato un tema di un’attualità sconcertante.

Perché? Secondo il giornalista di Libération, Robert Maggiori «per capire questa vicenda bisogna capire la grande influenza e il peso che Althusser aveva sul mondo intellettuale francese. (…) Era un guru».

Continua il quotidiano: «Nella Francia pre-68, [Althusser] esercitava una grande influenza. Régis Debray, Bernard-Henri Lévy, Alain Badiou, André Comte-Sponville… Erano tutti suoi discepoli; a volte rompevano con lui in modo clamoroso. Essere althusseriani era come aderire a una religione. [Althusser] Ha officiato al tempo dei guru intellettuali, Deleuze, Derrida, Foucault».

Althusser ha influenzato, toccato, lavorato figure quali Jacques Rancière, Etienne Balibar, Pierre Macherey, ed è riconosciuto come lo studioso marxista più influente del suo tempo.

«È possibile confrontare le osservazioni empatiche su Althusser con quelle espresse in circostanze simili, ad esempio dopo l’omicidio dell’attrice Marie Trintignant nel 2003 da parte del suo compagno, il cantante Bertrand Cantat (dei Noir Désir, ndr). In entrambi i casi, gli assassini erano uomini appartenenti all’élite intellettuale o culturale», scrive Dupuis-Déri, che cita Lucile Cipriani (testo del 2003):

«Il discorso di un abusante può occupare tutto lo spazio, deviando totalmente l’attenzione dalla sofferenza della vittima a quella dell’abusante. […] Le disgrazie avvenute durante l’infanzia, i tormenti della gelosia e delle rotture, le ferite dell’ego, il mal di vivere e il desiderio di controllo degli abusatori di donne sono regolarmente descritti dai media. […] Perché il discorso dell’aggressore di donne c viene ascoltato? Perché viene accolto con empatia da una parte della popolazione? […] È socialmente accettato e integrato. […] La cultura assicura uno spazio al discorso degli aggressori. Il discorso degli aggressori non solo distoglie l’attenzione dalla sofferenza delle vittime alla propria ma contribuisce a perpetuare la violenza. L’invocazione della propria sofferenza da parte di un abusante serve a discolparsi».

La spiegazione, accolta da tutti e tutte all’epoca, è quella della “follia” dell’omicida. Un problema personale, singolare, quindi, che non si inscrive in alcuna pratica strutturale.

«Tanta fantasia per formulare ipotesi apparentemente sofisticate, ma anche tanto impegno per dimenticare sempre un fatto relativamente semplice: filosofo o no, marxista o no, pazzo o no, Althusser non è né più né meno che uno dei tantissimi uomini che, ogni anno, uccidono la propria moglie o ex moglie. Questa trascuratezza delle regolarità e delle categorie sociali è un po’ eccessiva, visto che l’assassino era il teorico marxista più influente del suo tempo».

Su Hélène Rytmann-Legotien

Hélène Rytmann è nata nel 1910 a Parigi: la sua famiglia, di origine ebraica, fuggiva i pogrom russi e si era trasferita nel 1943 in Francia. Aveva una sorella, Anna, e due fratelli, Moïse e Joseph.

Hélène Rytmann ha rifiutato di portare la stella di David durante la Seconda Guerra mondiale, a 13 anni, ha aiutato il padre malato a morire, l’anno successivo la madre; fu una resistente ed è stata deportata. Non esistono ancora documenti certi sullo svolgimento della vicenda, lei stessa non ne ha lasciati.

Althusser e Hélène Rytmann, di otto anni più grande di lui, si incontrano nel 1946. Rytmann è stata esclusa dal Partito Comiunista nel Dopoguerra con l’accusa di “hitléro-trostkisme”, il compagno stesso ha votato per la sua esclusione.

Hélène Rytmann ha lavorato come ricercatrice all’OCDE (Organisation européenne de coopération économique), e come sociologa per la Société d’études pour le développement économique et social. È morta, strangolata, a 70 anni, il 16 novembre 1980.

Gli ex discepoli di Altusser parlano di Hélène Rytmann come di una donna scontrosa, di una relazione disfunzionale. Chi l’ha conosciuta al di là della sua relazione coniugale, ne parlava in altri termini.

Althusser raccontava che Hélène Rytmann negli ultimi anni della sua vita aveva avuto idee suicidarie. Quasi che lui avesse realizzato il sogno di lei (parole di Althusser stesso, nella sua autobiografia).

Il nome “Legotien”, che Hélène Rytmann ha usato da resistente torna nel 1980 quando si presenta per la ricerca a Port-de-Bouc.

La notizia dell’omicidio ha profondamente segnato il collettivo che con lei ha lavorato nel 1980: la ricerca è stata pubblicata nel 1984 con il titolo Du chantier naval à la ville : la mémoire ouvrière de Port-de-Bouc, “in memoria di Hélène Legotien”.

In seguito a un movimento di contestazione una sala all’ENS è stata a lei dedicata: «Salle Hélène Legotien-Rytmann. Résistante et sociologue. Victime de féminicide à l’ENS en 1980.»

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