«E’ sua moglie, ci fa quello che vuole». Sul caso degli “stupri di Mazan”

Francesca Barca
6 min readAug 5, 2024

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Mi interesso raramente ai “fatti di cronaca”. Per carattere, e perché mi interessano le storie che spiegano il collettivo; e perché, spesso, sono raccontanti con l’intento di scioccare, di scandalizzare, o per cercare un colpevole.

Un anno fa ho letto, un pezzo su Le Monde, firmato da Lorraine de Foucher su quello che è stato poi chiamato “Il caso degli stupri di Mazan”, caso nel quale 51 uomini sono sotto processo per aver stuprato, alcuni più volte, una donna incosciente, drogata dal marito a questo scopo.

Mazan è il nome del comune del sud est francese nel quale risiedeva la coppia, Dominique P. (67 anni nel 2020) e Françoise P. (i nomi sono inventati).

L’articolo di Le Monde si basa in gran parte sulle 350 pagine di requisitoria del procuratore di Avignone, che riporta i fatti, avvenuti tra il luglio 2011 all’ottobre 2020. Quasi 10 anni.

L’accusato, Dominique P., è stato scoperto quasi per caso. Gli sono stati requisizionati, nel dicembre 2020, computer e telefono perché accusato di riprendere con lo smartphone sotto i vestiti delle clienti di un supermercato. All’interno degli hard disk, migliaia di messaggi su un sito di incontri, Coco.fr (oggi chiuso), in un salone di discussione chiamato “A son insu” (A sua insaputa).

Dominique P. somministrava regolarmente alla moglie, nascoste nella cena, delle compresse di Témesta (farmaco il cui principio attivo è il Lorazepam, in Italia si conosce il Tavor) e invitava degli uomini conosciuti on line, a casa, nella loro camera da letto, per stuprare la moglie.

Dominique P. catalogava questi eventi in un dossier chiamato “Abusi”, file dopo file, in diverse categorie. La polizia è riuscita produrre una lista di 83 aggressori diversi, 92 stupri, solo 51 uomini sono stati identificati.

Ne parlo perché il prossimo 2 settembre si apre il processo ad Avignone, processo che durerà almeno fino a dicembre e che vedrà passare tutti gli accusati. Ne parlo anche perché questo caso racconta tanto di una società. La nostra.

«Un caleidoscopio della società francese»

52 uomini coinvolti quindi, compreso il marito; «51 profili, professioni, vite, intimità e strategie di difesa si presenteranno al tribunale nello stesso momento. Uomini comuni, che traggono le loro giustificazioni dal classico breviario dei casi di stupro, dove la gravità dei fatti viene fraintesa, minimizzata o data per scontata», scrive de Foucher su Le Monde.

51 uomini che hanno pensato che avere rapporti sessuali con una donna incosciente fosse normale, possibile, permesso, accettabile. Desiderabile.

«Durante l’interrogatorio in tribunale (Dominique P.) ha chiarito di essere sempre stato trasparente con i suoi aggressori riguardo al suo modus operandi. Ha sedato la moglie. I rapporti sessuali sono filmati. Fumo e profumo sono vietati per evitare odori forti. Le mani dovevano essere lavate in acqua calda per evitare che Françoise si svegliasse per la differenza di temperatura. Spogliarsi in cucina per non dimenticare i vestiti in camera da letto. Parcheggiare nel parcheggio accanto e tornare a casa al buio, in modo che gli andirivieni notturni non destino sospetti», riporta de Foucher.

L’articolo de Le Monde è stato fortemente criticato dalla figlia della vittima e da alcuni lettori e lettrici perché entra nei dettagli delle violenze subite da Françoise P., per mancanza di rispetto, per voyeurismo. Non riporto questi passaggi, non perché li trovo irrispettosi, né morbosi. Ma perché non sono quelli che mi sembravano più rilevanti. Ma trovo che ogni parola sia pesata. In questo caso.

Altri e altre hanno invece lodato questo articolo, perché è cristallino su un punto: ecco cos’è la cultura dello stupro.

Io faccio parte, almeno in parte, della seconda categoria. Perché Lorraine de Foucher sceglie di entrare nei dettagli sociologici (almeno un po’) del profilo degli stupratori, 51 uomini che rappresentano, scrive «un caleidoscopio della società francese».

«Il più giovane ha 26 anni, il più anziano 73. Sono tutti originari della regione e vivono vicino alla coppia. Molti di loro lavorano nel settore pubblico: pompieri, militari, guardie carcerarie, infermieri o giornalisti. Altri sono autisti di camion, hanno responsabilità in aziende e uno è consigliere comunale. Alcuni hanno un lavoro precario, sotto tutela o sono già in carcere per violenze commesse contro donne. Cinque sono oggetto di un’accusa supplementare: durante una perquisizione dei loro computer, la polizia ha trovato grandi quantità di immagini di sfruttamento minorile».

Di questi, c’è chi ha ammesso di «essere eccitato dall’incoscienza» della vittima; chi fingeva di non sapere, «chi pensava fosse strano ma», chi pensa che «il marito puo’ fare quello che vuole della moglie», o che «a partire dal momento che il marito è d’accordo non c’è stupro».

C’era un «Dominique D. ex soldato diventato camionista: la vittima, completamente sottomessa e ridotta a oggetto sessuale, lo eccitava” . Simone M., cacciatore alpino per dodici anni, ora lavora nell’edilizia. Non ha mai denunciato gli stupri, ritenendo che è sua moglie, può farne ciò che vuole”. Quando il caso è emerso sulla stampa locale, si è reso conto della gravità delle sue azioni. (…)

Karim S. è un esperto di informatica per una grande banca. Ai domiciliari, ha smentito tutto, finché la polizia non gli ha letto questo messaggio che aveva inviato a Dominique P.: “Il sonnifero funziona? Fammi sapere in anticipo, perché ho ancora venti minuti di macchina”».

«Charly A. ha stuprato Françoise sei volte. 29 anni, lavoratore interinale, vive con la madre e non capisce subito perché lei non si muova, ma dopo la terza volta ammette che è impossibile non svegliarsi dopo quello che ha fatto. Nicolas F. è un giornalista di un quotidiano regionale. Si considera gentile e rispettoso nei confronti delle donne, e a volte può anche essere poco assertivo. Certo, è rimasto sorpreso dall’inerzia della vittima, “ma poiché il marito le aveva assicurato che era d’accordo, ha proceduto a toccarla”. Ha parlato di “una grave mancanza di discernimento”. Il suo computer conteneva 4.284 immagini e 262 video di sfruttamento minorile.

Cyrille D., 53 anni, lavora nel settore dell’edilizia. Quando si è trovato di fronte ai video, ha provato vergogna e si è reso conto di ciò che aveva fatto. “Ho fatto quello che mi ha chiesto e non so perché”. Dice di essere rimasto stupefatto e di aver obbedito a Dominique P., pur ammettendo che non rischiava nulla se non lo avesse fatto. Non si è chiesto perché la moglie dormisse: pensava fosse una fantasia, ma trovava strano che non reagisse durante le penetrazioni. “Vedevo che era incosciente, ma non riuscivo a fermarmi”, ammette infine. Durante la detenzione ha tentato il suicidio».

C’è una relazione al potere, al sesso e alla violenza. Profonda e banale. E che fa parte delle società che abbiamo costruito. Posso immaginare che molto di questi uomini (forse non tutti?) non avrebbero stuprato una donna sveglia, che dice no, anche se pensano che il “no” magari è un “ni”, o un “si’”. In questo caso, invece, non puo’ parlare, non puo’ vedere. E il marito “acconsente” per lei, incosciente. 83 persone hanno accettato. 83 persone ne hanno avuto voglia. Lo hanno considerato desiderabile.

A Francoise P. sono state mostrate le foto che il marito archiviava. Non aveva ricordi, tranne immagini che aveva scambiato per sogni. Aveva una fatica cronica, lesioni all’utero, quattro malattie sessualmente trasmissibili perché non veniva usate protezioni. Nei documenti del marito, anche immagini della figlia maggiore della coppia, fotografata di nascosto dal padre in abbigliamento intimo. Stessa cosa per le nipoti.

La prima perizia ha giudicato Dominique P. instabile ma poco pericoloso; nel frattempo il suo dna corrisponde a quello di un’aggressione sessuale e di un omicidio. La seconda perizia è molto diversa dalla precendente.

La figlia della vittima ha iniziato una battaglia contro la “Droga da stupro” e una campagna “M’endors pas” (Non mi addormentare). Una missione parlamentare su questa pratica era in corso, guidata dalla deputata Sandrine Josso che ha accusato un senatore francese, Joël Guerriau, di averla drogata per abusare di lei. La dissoluzione dell’Assemblea nazionale e le nuove elezioni hanno congelato la missione.

Un’inchiesta del 2019 parla di oltre 500 casi all’anno in Francia.

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