«Siamo stati sorpresi dall’accelerazione improvvisa dell’epidemia». Davvero? | Note di re-confinement #1
«Ci aspettano mesi difficili. (…) Possiamo ipotizzare un’uscita dall’ondata di Covid19 tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021», dice il Conseil Scientifique, l’organo consultivo che affianca il Governo francese dall’inizio della Pandemia, nell’ultimo report, pubblicato lo scorso 26 ottobre. In soldoni: Scordatevi il Natale, perché è poco probabile, che si possa «riprendere il controllo dell’epidemia da qui alle festività».
L’analisi in questione si basa su una modellizzazione realizzata dall’Istituto Pasteur sulla base dei dati dei ricoveri ospedalieri fino al 29 ottobre: nello scenario peggiore la Francia potrebbe avere 9mila malati Covid in rianimazione al picco epidemico, contro i 7.100 dello scorso 8 aprile. Lo scenario prevede nel “miglior scenario” 6.000 pazienti il 12 novembre (6.600 nel peggiore) quando i letti a disposizione in rianimazione sono ora circa 6.300 (meno di 1.000 in più di marzo).
I posti letto in rianimazione, la grande questione
10.500: questa è il numero di posti letto in rianimazione che il Governo vuole riuscire ad avere nei prossimi giorni/settimane. Come? Non aumentando quelli esistenti, non usando strutture che sono state pensate nei mesi scorsi sulla base della prima ondata epidemica, non potenziando strutture, non assumendo personale ma cancellando operazioni chirurgiche “non urgenti” che erano già programmate, potendo così liberare stanze (blocchi, sale post-operatorie) e personale.
Ma come è stato possibile?
Ce lo stiamo chiedendo tutti, no? Come è possibile essere allo stesso punto, quasi peggio pure, di marzo? Quando non c’erano le mascherine, quando l’idea di stare a distanza, di non toccarsi non era chiara, sembrava complicata, non la capivamo? Quando il gel non c’era, quando “non eravamo pronti”?
In Francia questa nuova vague epidemica ci è arrivata dritta in faccia come un tir al semaforo verde. A noi, comuni mortali, presi dalla banalità delle nostre esistenze, che un po’ volevamo dimenticarci che era successo e cosa stava per succedere.
E pure al Governo, che ha tentato un coprifuoco di una decina di giorni (ma bastano dieci giorni per valutarne gli effetti?), che messo in piedi un re-confinement (in vigore dalla mezzanotte del 29 ottobre), ma questa volta in versione “light” (con i mezzi di trasporto pieni e non potenziati, con le scuole aperte, con le fabbriche aperte…).
Macron stesso — e suona come una supercazzola — quando ha annunciato le nuove misure di lockdown ha detto: «Nous avons tous été surpris par l’accélération soudaine de l’épidémie. Tous» («Siamo stati sorpresi dall’accelerazione improvvisa dell’epidemia. Tutti»). Davvero?
Al momento sono due le questioni aperte, che non bastano, ma che spiegano un po’ i comportamenti collettivi, le scelte politiche, le decisioni o la loro assenza.
I pareri del Consiglio Scientifico
Questo famoso Conseil Scientifique, quindi. In carica dal 5 marzo è composto da diversi esperti e presieduto dall’immunologo Jean-François Delfraissy. Ad oggi, ha fornito al Governo 27 “avis”, ventisette rapporti, che con il senno di poi scopriamo essere piuttosto corretti in termini di previsione e che la stampa ammette (in mea culpa) di aver in parte “ignorato”.
Per esempio, nel rapporto pubblicato il 2 giugno, il Conseil Scientifique descriveva diversi scenari possibili (quattro in tutto), in due dei quali si parlava di una ripresa lenta dell’epidemia, seguita da un’accelerazione brutale. Il 27 luglio (rapporto n°8) chiedeva di prepararsi per il ritorno del virus in autunno. Tra le misure proposte c’erano il telelavoro, più controllo e protezione per le case di riposo, fino ad arrivare alle misure “forti”, la chiusura. Il 22 settembre, in un ennesimo documento, si parlava di saturazione degli ospedali imminente.
C’è stato un vero battibecco tra Macron e Delfraissy a inizio settembre: il secondo ha parlato «di una curva in crescita esponenziale e inquietante» che richiedeva scelte «difficili per il Governo».
Grosso difetto messo in evidenza da Delfraissy rispetto alla strategia francese: l’isolamento dei malati, che non è mai stato realizzato seguendo una vera politica (tracciamento-isolamento). Perché? Poca comunicazione, mancanza di mezzi, risultati in ritardo…e anche e soprattutto perché non sono stati presi provvedimenti che assicurassero una copertura finanziaria per coloro che dovevano auto-isolarsi. Insomma: «Una strategia di isolamento senza protocollo o budget nazionale, poca comunicazione pubblica relativa alle raccomandazioni, mancanza di dati precisi sulle condizioni e sul monitoraggio delle persone in isolamento», dice Delfraissy.
Macron cosa ha risposto? «Il Consiglio Scientifico ha un ruolo tecnico», ma spetta al Governo «prendere le decisioni». Gnegné.
E la stampa? Spesso, molto spesso, troppo spesso, i pareri del Consiglio Scientifico sono stati raccontati sotto l’angolo dell’allarmismo, soprattutto da parte dei grandi canai di diffusione (BFMTV in primis); in altri casi i documenti sono stati diffusi concentrandosi su un solo fattore “la responsabilità” richiesta ai cittadini, e occultando le responsabilità richieste al Governo (esempi? Qui, qui, qui in un’analisi dettagliata di Arret sur Image).
Disorganizzazione al Governo
Un rapporto, confidenziale fino a qualche giorno fa, ma reso pubblico da Mediapart e dal Canard Enchainé racconta insufficienza organizzativa del Governo e delle strutture statali. Pubblicato lo scorso giugno, si tratta un documento richiesto dall’ex Primo ministro, Edouard Philippe, e coordinato dal generale Lizurey, ex direttore della Gendarmerie. Cosa racconta? Brevemente: che l’azione dello Stato si è basata solo su poche persone, a malapena in grado di portare avanti una vera e propria strategia interministeriale, di mettere in pratica le decisioni sul terreno e di riuscire a fare appello ad esperti.
Un’osservazione un po’ imbarazzante: i mezzi messi in campo per la prima ondata sono stati accantonati alla fine del periodo di crisi, cosa che richiederà, dicono, uno sforzo ulteriore di fronte a una seconda ondata. Il rapporto, inoltre, pare non abbia circolato abbastanza, nemmeno negli ambienti del Governo che ne erano destinatari: una sorta di dedalo burocratico e amministrativo che ha impedito ed impedisce alla macchina di funzionare.
L’opinione del personale sanitario
Anche qui, come in Italia, come ovunque, la prima ondata di Covid è stata segnata da manifestazioni di sostegno agli eroi della crisi, medici e infermieri. Qual è lo stato del settore? Una tribuna pubblicata su Libération firmata da medici e infermieri punta il dito su un alcune questioni non solo interessanti, ma centrali.
La corsa ai test (ora un milione a settimana, 700mila fino a qualche settimana fa) è quasi più una scelta politica che medica: una strategia di questo tipo si rivela inutile perché non si basa su un sistema di laboratori sufficiente per poter elaborare rapidamente il risultato. Questo rende impossibile o più complicato l’isolamento e il controllo dei contagi (la famosa catena di contaminazione).
Il 40% del personale sanitario ha dichiarato (sondaggio dell’Ordine degli Infermieri) di voler cambiare mestiere dopo la crisi del Covid: il 57% è in burn-out, un quinto non prende vacanze da marzo, le vacanze sono “congelate” in alcuni settori (ovvero: non solo le puoi prendere, ma non ti vengono nemmeno rimborsate). Gli aumenti salariali previsti si sono risolti in 90 euro in più in busta paga da settembre, più altri 90 al 1° marzo 2021.
La politica di riduzione del posti letto, in vigore dagli anni Ottanta, è costata alla Francia 69mila posti letto tra il 2003 e il 2017. Ed è continuata quest’anno, seguendo l’agenda in vigore: razionalizzazione, efficienza e risparmio. Il personale medico e ospedaliero in Francia è mobilitato con manifestazioni, prese di posizione e proposte da oltre un anno: lamentano l’assenza di strutture, di personale, di mezzi.
Per ora sono stati annunciati 15mila nuovi posti di lavoro (sapendo che il settore sanitario è sotto organico, secondo le zone e i reparti, dal 25% al 30%) sono stati fabbricati 10mila respiratori ed è stato ricostituito uno stock di maschere.